Solo l’indifferenza più del terrore

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di Giuseppe Guarino

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Solo chi non ha un cuore non è rimasto sconvolto dalle scene di paura e morte che abbiamo visto in questi giorni sui telegiornali. Tutti abbiamo vissuto col fiato sospeso quelle notizie che arrivavano  dalla Francia, quasi increduli. Personalmente non riuscivo a staccare gli occhi dalle notizie o cambiare canale per guardare o fare qualsiasi altra cosa. Chi come me ha qualche annetto in più, si è sentito catapultato al 2001, a quando vedemmo in diretta tv il collasso delle torri gemelle di New York. Ci sentiamo tutti toccati nel vivo da quelle 129 vittime innocenti, cittadini usciti a trovare un po’ di svago in un locale o ad un concerto. E non ci sentiamo più al sicuro.

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Il terrorismo sta dimostrando di essere riuscito in qualcosa: far paura, incutere terrore. Se questo è il suo scopo primo, come dice il nome che lo caratterizza, purtroppo in questi giorni sta vivendo il suo momento di gloria. E non è difficile immaginare – sebbene sia una triste consapevolezza – che c’è chi ne è consapevole e festeggia per i risultati ottenuti.

Andando a spasso velocemente per il web ho raccolto qualche informazione. Ne vorrei discutere brevemente.

Nel 2014 i morti per terrorismo nel mondo sono stati circa 32.000. In Iraq soltanto oltre 9.000, in Nigeria oltre 7500 vittime. L’anno scorso l’ISIS non è stata il numero uno del terrore mondiale. Un altro movimento jihadista, Boko Haram, ha causato da solo oltre il 50% delle vittime. Numeri terribili. Però, mi spiace andare contro il trend del momento ma vorrei capire perché mentre questi numeri ci terrorizzano, altri forse ci lasciano indifferenti.

La malaria miete ogni anno circa un milione di vittime, nella stragrande percentuale in Africa (circa l’80%). La cosa ancora più incredibile è che questa malattia è curabile! Non voglio discutere sul significato della rappresaglia contro lo stato islamico dell’ISIS, perché è sacrosanta. Ma vorrei suscitare un po’ di indignazione per l’assenza di una rappresaglia contro una malattia che uccide un milione di persone, solo perché queste morti non hanno un significato economico, politico o, peggio ancora, non ci riguardano. Mi fa paura il fatto che la nostra sensibilità sociale venga stimolata soltanto da eventi eclatanti e comunque sapientemente filtrati dai media, mentre rimaniamo indifferenti o peggio, siamo totalmente disinteressati se una catastrofe di proporzioni bibliche si consuma in parti del globo dove l’occidente non ha interessi.

Prendiamo in considerazione qualcosa di più vicino a noi. Il fumo di sigaretta. Esso è responsabile di circa il 90% dei tumori al polmone. Il carcinoma del polmone interessa oltre 1.300.000 individui l’anno con una mortalità di oltre l’85%. Oggi vedevo dei ragazzi delle superiori agitare le loro sigarette con spavalderia o fumarle con avidità, di sicuro a causa dell’astinenza forzata durante le ore di lezione. È vero, si stanno prendendo delle contromisure per ridurre il numero dei fumatori. Da una parte. Dall’altra, però, lo Stato permette la commercializzazione delle sigarette, di fatto la incrementa e ci lucra sopra.  Basterebbe investire in un anno di campagna di lotta contro il fumo quello che si sta spendendo oggi per un giorno di guerra e si salverebbero centinaia, se non addirittura migliaia di vite umane.

Fra le cause principali di morte nel 2014, l’influenza e la polmonite hanno mietuto circa 57.000 vittime e i suicidi sono stati oltre 40.000.

Insomma, abbiamo molti più fucili puntati contro di quanto non ce ne rendiamo spesso conto. Forse sarebbe ora che le coscienze dell’uomo evoluto ed attento del ventunesimo secolo si scuotessero contro ogni forma di terrore che uccide, anche se lo fa lontano e col silenzio dei media, per evitare che l’indifferenza continui a mietere più di vittime di quante ne abbia fatte finora il terrore.

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